Tra vite ordinarie che vengono stravolte e antichi ordini esoterici, Antonio Fusco tratteggia un’indagine perturbante e impregnata dei tormenti di un passato che continua a proiettare ombre nel presente dei suoi personaggi.
Elisa Ohlsen è scomparsa da sette anni quando il cadavere mummificato di una giovane donna viene rinvenuto all’Idroscalo di Ostia. Porta al dito un anello simile a quello che indossava Elisa quando, all’età di diciassette anni, svanì nel nulla in un pomeriggio di settembre mentre passeggiava nei boschi che costeggiano il lago di Albano. Il pensiero di cronisti e investigatori va subito a lei. L’attenzione dei media sulla riapertura del fascicolo Ohlsen è massima e tutti, nel XVII distretto di polizia, sono impegnati a vederci chiaro: tutti tranne l’ispettore Massimo Valeri, detto l’Indiano, che dopo l’ennesima lite con il suo superiore è stato destinato al caso di un anziano professore, probabilmente morto suicida nella propria abitazione. Un’indagine semplice, da archiviare in fretta, almeno così sembra. Ma delle apparenze l’Indiano non si è mai fidato molto e capisce presto che questa è una di quelle situazioni in cui nessuna pista può essere ignorata, in cui le coincidenze non esistono: per venire a capo della vicenda dovrà servirsi di tutta la sua spregiudicatezza e addentrarsi in un sottobosco di segreti e legami impensabili, di ricatti spietati e inquietanti perversioni.
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